COMUNI dell'UMBRIA:
Architettura secondo il periodo:
Edifici religiosi:
L’attuale chiesa di Santa Cecilia, ad Acquasparta, fu consacrata il 22 maggio 1763.
Essa sorge però su una costruzione medievale.1
A metà degli anni ’70 del XX secolo, in occasione degli scavi sotto il presbiterio, per l’installazione dell’impianto di riscaldamento, sono stati ritrovati resti di mura, riconducibili all’XI-XII secolo.
La presenza in loco di una comunità cristiana fin dalla prima diffusione del cristianesimo, nonché la posizione di Acquasparta lungo la grande via Flaminia, avvalorano l'esistenza in loco di un luogo di culto, soprattutto se si tiene conto che non lontane si trovano le Catacombe di Villa San Faustino e a Carsulae la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano.
Testimonianza certa di una costruzione risalente al XII secolo è, sul lato destro della facciata principale, il campanile quadrato, in conci lapidei, realizzato in stile romanico.
Lo stesso campanile fu parzialmente abbattuto da un fulmine nella seconda metà del Cinquecento e per questo fu ricostruito utilizzando le pietre provenienti da chiese dirute lungo la via Flaminia.2 Un orologio meccanico, proveniente da una scuola artigiana di Arezzo, fu collocato nel corpo del campanile intorno alla metà del 1500. Le modifiche architettoniche della seconda metà del Settecento lo hanno fuso con la facciata mentre prima era un elemento a se stante.
La chiesa presenta una facciata ad edicola a due piani e sottotetto, che si incastona con il campanile. Tra il piano terra su cui si apre il portone ed il piano superiore dove l’apertura è data da un’unica finestra centrale, si trova un cornicione sporgente marcapiano.
La forma originaria della chiesa presentava numerose caratteristiche tipiche dell’architettura toscana, in particolare quelle della scuola di Iacopo Barozzio da Vignola (1507-1573). 3
I successivi interventi settecenteschi, opera dell’architetto Pietro Fontana di Roma hanno introdotto consistenti modifiche a Santa Cecilia.4
Lo stile interno potrebbe essere definito semigotico; a tre navate, separate da colonne di travertino. Un arco trionfale divide la navata dall'abside. Al culmine dell’arcata due angeli sorreggono lo stemma della famiglia Cesi.
L'attuale altare, risalente alla seconda metà del XVIII secolo, proviene dalla Chiesa di San Giuseppe. Fu qui posto nel dicembre 1990, dopo gli interventi di restauro e consolidamento.
Tra l’altare maggiore ed il coro trova posto dal 2000 (anno del giubileo), un’antichissimo crocifisso, degli inizi del XIV secolo, di scuola umbra. Originariamente questo crocifisso si trovava nella chiesa di San Giovanni di Budes, appartenente ai Cavalieri di Malta. Li rimase fino al 1888, quando i Cavalieri furono cacciati.
La popolazione di Acquasparta lo trasferì nella Chiesa di San Francesco, dov'è rimasto fino al terremoto del 1997.
Il restauro è stato finanziato da un’anonima coppia di sposi di questa comunità; con il benestare della Soprintendenza ai Beni Culturali dell’Umbria, e per assecondare un loro desiderio è stato collocato poi nella chiesa di Santa Cecilia.
Il Coro è in noce, classico nelle linee e nelle forme. Probabilmente risale a prima della metà del XVIII secolo.
Sopra il coro spicca la tela, del pittore Barna da Terni, che ritrae Santa Cecilia. Essa si distingue per la cornice di stucco con diadema intarsiato di foglie di palma (simbolo di martirio), centrato in alto.5
Proprio alla destra dell’ingresso, si trova, su una lapide, posta a memoria del completamento del nuovo edificio, l'indicazione dell'anno 1761.
Lungo le pareti laterali si aprono otto cappelle. La prima a destra, subito oltre la porta del campanile, si trova la cappella Cesia. Di notevole interesse fu fatta costruire tra il 1581 ed il 1582 da Isabella Liviani Cesi, la stessa che nel 1603; fece istanza perché la Chiesa di Santa Maria del Giglio fosse destinata alla Confraternita del Crocifisso.
Si tratta di una cappella funebre, ospitante i membri delle famiglie Liviani – Cesi e dedicata al Santissimo Crocifisso. Qui è sepolto anche il principe Federico Cesi, detto il Linceo, essendo il fondatore dell’omonima Accademia (1603).
La costruzione sporge all'esterno ed appare come una facciata autonoma.6
Sebbene la parte esterna della cappella non presenti un ingresso, è ornata da lesene ioniche binate e da un timpano, al livello inferiore; al piano elevato da un finestrone tra coppie di paraste lisce. Sopra l’altare una tela della seconda metà del XVI secolo (l’autore resta incerto), che raffigura il Santissimo Crocifisso al centro e più in basso la Vergine, San Giovanni Battista e la Maddalena. In un angolo,in cornu Evangelii il ritratto della duchessa Isabella Liviana Cesi. Pregevole anche la cornice di legno dorato e intagliato.
Segue, sempre a destra, la cappella del Santissimo Rosario, il cui altare è arricchito dal quadro della Madonna del Rosario, databile della fine del XVII secolo o inizio del XVIII.7
Di notevole fattura i medaglioni, in stucco, raffiguranti i misteri del rosario, posti sui lati del quadro, realizzati da Niricani da Parma nel 1711.
Stando all'inventario settecentesco citato in nota, almeno venti dipinti erano raccolti in questa chiesa. Il restauro delle opere avvenuto tra il 1990 ed il 1992 ha interessato soltanto sette tele (quelle allora presenti nell'edificio).
Entrando in chiesa a sinistra si incontra la Cappella di San Nicolò. Essa è ornata da un quadro ovale, opera del pittore ternano Barna (XVII - XVIII secolo). “Un quadro ovato, dipinto dal sig. Barna di Terni in tela, e rappresenta S. Nicolò vescovo di Elvira, che vestito d’abiti sacri in rito greco miracolosamente trasporta un giovinetto cristiano che trovasi schiavo. Al di sopra vedesi S. Barbara colla spada in mano in atto di vittoria. A lato sinistro S. Restituta con palma in mano. Nell’angolo destro si vede un angelo che presenta il diadema”.8 Nella cappella trova posto anche lo stemma gentilizio della famiglia Spada di Terni, realizzato in stucco.
La seconda cappella è votata ai Santi Pietro e Paolo accogliendo il quadro che rappresenta i due santi ai piedi della Grande Madre di Dio, databile XVII secolo.9
La cappella non ha un altare bensì una fonte battesimale cinquecentesca. La cappella gode di un accesso diretto all'esterno, su via Colonna. Essa appartenne nel secolo XVII alla famiglia Granorii e, nel secolo successivo alla famiglia Paradisi di Terni.
La terza cappella a sinistra è intitolata all'Assunzione. Qui dal 1992, dopo il restauro, si conserva la tela manierista dell’Adorazione dei Pastori, del pittore Domenichini, databile fine del XVI, inizio del XVII secolo.10
In questa stessa cappella fu posta una lapide in memoria della morte, avvenuta nel 1622, di Fulvio Pontani da Spoleto. Si legge: Prioris huius Basilicae11
Precedentemente la tela si trovava nella prima cappella entrando sulla destra (la Cappella Sensini).
Prossima all'altare maggiore, la cappella di San Carlo Borromeo ospitante la tela che ritrae il Borromeo e San Filippo Neri ai piedi della Vergine con bambino; degli inizi del XVIII secolo. La presenza di Filippo Neri nel quadro è da riconoscersi nei rapporti che lo legavano alla famiglia Cesi di Roma12; più curiosa è la raffigurazione accanto ai due grandi di San Cristoforo, voluta verosimilmente dal committente, Cristoforo Rossi, priore della Collegiata di Santa Cecilia, che la donò nel 1711.
Successivamente alla chiesa di Santa Cecilia, sul lato destro, fu edificata la casa del Priorato mentre di fronte alla chiesa si può ammirare Palazzo Montani, già sede del Capitolo di Santa Cecilia.
A metà degli anni ’70 del XX secolo, in occasione degli scavi sotto il presbiterio, per l’installazione dell’impianto di riscaldamento, sono stati ritrovati resti di mura, riconducibili all’XI-XII secolo.
La presenza in loco di una comunità cristiana fin dalla prima diffusione del cristianesimo, nonché la posizione di Acquasparta lungo la grande via Flaminia, avvalorano l'esistenza in loco di un luogo di culto, soprattutto se si tiene conto che non lontane si trovano le Catacombe di Villa San Faustino e a Carsulae la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano.
Testimonianza certa di una costruzione risalente al XII secolo è, sul lato destro della facciata principale, il campanile quadrato, in conci lapidei, realizzato in stile romanico.
Lo stesso campanile fu parzialmente abbattuto da un fulmine nella seconda metà del Cinquecento e per questo fu ricostruito utilizzando le pietre provenienti da chiese dirute lungo la via Flaminia.2 Un orologio meccanico, proveniente da una scuola artigiana di Arezzo, fu collocato nel corpo del campanile intorno alla metà del 1500. Le modifiche architettoniche della seconda metà del Settecento lo hanno fuso con la facciata mentre prima era un elemento a se stante.
La chiesa presenta una facciata ad edicola a due piani e sottotetto, che si incastona con il campanile. Tra il piano terra su cui si apre il portone ed il piano superiore dove l’apertura è data da un’unica finestra centrale, si trova un cornicione sporgente marcapiano.
La forma originaria della chiesa presentava numerose caratteristiche tipiche dell’architettura toscana, in particolare quelle della scuola di Iacopo Barozzio da Vignola (1507-1573). 3
I successivi interventi settecenteschi, opera dell’architetto Pietro Fontana di Roma hanno introdotto consistenti modifiche a Santa Cecilia.4
Lo stile interno potrebbe essere definito semigotico; a tre navate, separate da colonne di travertino. Un arco trionfale divide la navata dall'abside. Al culmine dell’arcata due angeli sorreggono lo stemma della famiglia Cesi.
L'attuale altare, risalente alla seconda metà del XVIII secolo, proviene dalla Chiesa di San Giuseppe. Fu qui posto nel dicembre 1990, dopo gli interventi di restauro e consolidamento.
Tra l’altare maggiore ed il coro trova posto dal 2000 (anno del giubileo), un’antichissimo crocifisso, degli inizi del XIV secolo, di scuola umbra. Originariamente questo crocifisso si trovava nella chiesa di San Giovanni di Budes, appartenente ai Cavalieri di Malta. Li rimase fino al 1888, quando i Cavalieri furono cacciati.
La popolazione di Acquasparta lo trasferì nella Chiesa di San Francesco, dov'è rimasto fino al terremoto del 1997.
Il restauro è stato finanziato da un’anonima coppia di sposi di questa comunità; con il benestare della Soprintendenza ai Beni Culturali dell’Umbria, e per assecondare un loro desiderio è stato collocato poi nella chiesa di Santa Cecilia.
Il Coro è in noce, classico nelle linee e nelle forme. Probabilmente risale a prima della metà del XVIII secolo.
Sopra il coro spicca la tela, del pittore Barna da Terni, che ritrae Santa Cecilia. Essa si distingue per la cornice di stucco con diadema intarsiato di foglie di palma (simbolo di martirio), centrato in alto.5
Proprio alla destra dell’ingresso, si trova, su una lapide, posta a memoria del completamento del nuovo edificio, l'indicazione dell'anno 1761.
Lungo le pareti laterali si aprono otto cappelle. La prima a destra, subito oltre la porta del campanile, si trova la cappella Cesia. Di notevole interesse fu fatta costruire tra il 1581 ed il 1582 da Isabella Liviani Cesi, la stessa che nel 1603; fece istanza perché la Chiesa di Santa Maria del Giglio fosse destinata alla Confraternita del Crocifisso.
Si tratta di una cappella funebre, ospitante i membri delle famiglie Liviani – Cesi e dedicata al Santissimo Crocifisso. Qui è sepolto anche il principe Federico Cesi, detto il Linceo, essendo il fondatore dell’omonima Accademia (1603).
La costruzione sporge all'esterno ed appare come una facciata autonoma.6
Sebbene la parte esterna della cappella non presenti un ingresso, è ornata da lesene ioniche binate e da un timpano, al livello inferiore; al piano elevato da un finestrone tra coppie di paraste lisce. Sopra l’altare una tela della seconda metà del XVI secolo (l’autore resta incerto), che raffigura il Santissimo Crocifisso al centro e più in basso la Vergine, San Giovanni Battista e la Maddalena. In un angolo,in cornu Evangelii il ritratto della duchessa Isabella Liviana Cesi. Pregevole anche la cornice di legno dorato e intagliato.
Segue, sempre a destra, la cappella del Santissimo Rosario, il cui altare è arricchito dal quadro della Madonna del Rosario, databile della fine del XVII secolo o inizio del XVIII.7
Di notevole fattura i medaglioni, in stucco, raffiguranti i misteri del rosario, posti sui lati del quadro, realizzati da Niricani da Parma nel 1711.
Stando all'inventario settecentesco citato in nota, almeno venti dipinti erano raccolti in questa chiesa. Il restauro delle opere avvenuto tra il 1990 ed il 1992 ha interessato soltanto sette tele (quelle allora presenti nell'edificio).
Entrando in chiesa a sinistra si incontra la Cappella di San Nicolò. Essa è ornata da un quadro ovale, opera del pittore ternano Barna (XVII - XVIII secolo). “Un quadro ovato, dipinto dal sig. Barna di Terni in tela, e rappresenta S. Nicolò vescovo di Elvira, che vestito d’abiti sacri in rito greco miracolosamente trasporta un giovinetto cristiano che trovasi schiavo. Al di sopra vedesi S. Barbara colla spada in mano in atto di vittoria. A lato sinistro S. Restituta con palma in mano. Nell’angolo destro si vede un angelo che presenta il diadema”.8 Nella cappella trova posto anche lo stemma gentilizio della famiglia Spada di Terni, realizzato in stucco.
La seconda cappella è votata ai Santi Pietro e Paolo accogliendo il quadro che rappresenta i due santi ai piedi della Grande Madre di Dio, databile XVII secolo.9
La cappella non ha un altare bensì una fonte battesimale cinquecentesca. La cappella gode di un accesso diretto all'esterno, su via Colonna. Essa appartenne nel secolo XVII alla famiglia Granorii e, nel secolo successivo alla famiglia Paradisi di Terni.
La terza cappella a sinistra è intitolata all'Assunzione. Qui dal 1992, dopo il restauro, si conserva la tela manierista dell’Adorazione dei Pastori, del pittore Domenichini, databile fine del XVI, inizio del XVII secolo.10
In questa stessa cappella fu posta una lapide in memoria della morte, avvenuta nel 1622, di Fulvio Pontani da Spoleto. Si legge: Prioris huius Basilicae11
Precedentemente la tela si trovava nella prima cappella entrando sulla destra (la Cappella Sensini).
Prossima all'altare maggiore, la cappella di San Carlo Borromeo ospitante la tela che ritrae il Borromeo e San Filippo Neri ai piedi della Vergine con bambino; degli inizi del XVIII secolo. La presenza di Filippo Neri nel quadro è da riconoscersi nei rapporti che lo legavano alla famiglia Cesi di Roma12; più curiosa è la raffigurazione accanto ai due grandi di San Cristoforo, voluta verosimilmente dal committente, Cristoforo Rossi, priore della Collegiata di Santa Cecilia, che la donò nel 1711.
Successivamente alla chiesa di Santa Cecilia, sul lato destro, fu edificata la casa del Priorato mentre di fronte alla chiesa si può ammirare Palazzo Montani, già sede del Capitolo di Santa Cecilia.
- 1. Secondo le Memorie (datate del 1867), redatte da Bonaventura Pianegiani, cancelliere vescovile di Todi, la chiesa di Santa Cecilia fu una delle prime ad essere consacrata nella diocesi.
- 2. Una fonte storica non accertata parla in particolare di blocchi di pietre provenienti dalla chiese demolite di San Nicolò, Santa Restituta e Santa Barbara. Il re-impiego ebbe il beneplacito dei vescovi Camaiani e Cesi, rispettivamente nel 1574 e nel 1593. Nel corso dei secoli, il campanile della chiesa di Santa Cecilia, più volte fu colpito da fulmini tanto da perdere la piramide terminale della torre campanaria.
- 3. Ancora visibili sono nella cappella del Santissimo Crocifisso la struttura cinquecentesca e la balaustra con cancello di ferro. Una descrizione della chiesa si trova in Archivio della Curia Vescovile di Todi, Inventari, n.15, anno 1774, sezione dedicata ad Acquasparta, Chiesa di Santa Cecilia.
- 4. Nell’inventario citato si legge: “la chiesa, che presentemente si vede innalzata in ordine d’Architettura toscana, secondo le regole di messer Iacopo Barozzio da Vignola, nell’antichissima sua forma, fu rinnovata da fondamento mercè le larghe limosine, e vigilanza dell’ecc.mo sig. Duca Cesi, di questa ill.ma Comunità, e delle rispettive Confraternite di Acquasparta nell’anno del Signore 1761 dall’architetto Pietro Fontana di Roma, come risulta dalla medesima lapide esistente sopra la porta del campanile… In questo ordine di architettura fu conservata intatta nella sua antica forma la Cappella del SS.mo Crocifisso, e sua balaustra con cancello di ferro. Fu consacrata da mons. Francesco Maria Pasini da Rimini, essendo egli vescovo di Todi, addì 22 del mese di maggio del 1763. Si celebra l’anniversario di detta consagrazione dell’antica chiesa ancora praticata ab immemorabili il dì 6 ottobre”.
- 5. Il momento immortalato è quello dell’estasi di Cecilia, vergine e martire, davanti all'angelo che tiene tre corone. Le tre corone sono destinate a Cecilia, al consorte Valeriano ed al cognato Tiburzio. Nel quadro compare anche lo stemma di committente: il duca Carlo Muti Cesi. L’opera fu donata alla chiesa nel 1761.
- 6. Saverio Sturm (2012). Perugia. In Marcucci, L. Villani, M. (Eds.) Atlante del Barocco in Italia. Umbria. Roma: De Luca Editori d'Arte. p.461-462.
- 7. Accanto alla Madonna del Rosario compaiono San Domenico e Santa Caterina da Siena. Il quadro è sostenuto da due colonne per parte con due angeli, che tengono il diadema. Questa tela è stata restaurata nel 1996.
- 8. Chiesa di Santa Cecilia. Sito web della Parrocchia di Acquasparta http://www.parrocchiadiacquasparta.it/, visitato il mese di marzo 2013.
- 9. La tela prima del restauro si trovava nella seconda cappella di sinistra, dove ora è posta l’Adorazione dei Pastori.
- 10. Colpisce per i colori vivaci e la presenza di molto rosso ed azzurro. La paternità dell’opera ha la sua fonte nell'Archivio della Curia Vescovile di Todi, Inventari, n.15, anno 1774, sezione dedicata ad Acquasparta, Chiesa di Santa Cecilia.
- 11. La sola qualifica di priore della collegiata di Santa Cecilia attribuita al Pontani, indica agli storici che questa chiesa fu, nel XVI secolo elevata a dimora di un collegio di canonici. Mancando però altre informazioni non si può essere più precisi. Cfr. http://www.parrocchiadiacquasparta.it, sito visitato nel mese di marzo 2013.
- 12. Il cuore infiammato, stemma di San Filippo Neri, appare in stucco nella stessa cappella al di sopra della tela.
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